Piume

A volte pensava che non l’avrebbe mai trovata. Cercava guardando verso il basso. Sarebbe sempre rimasto solo? Per quanto avrebbe volato invano? E se poi si fosse sbagliato? Quante storie aveva udito su quegli infausti scambi! Custodi che avevano protetto per decenni le anime a loro assegnate scoprivano, quando quest’ultime esalavano l’ultimo soffio di vita, d’essersi incredibilmente sbagliati. Quanti erano rimasti soli invocando invano? Quanti sul bordo della fine non hanno visto alcuna piuma bianca cadere in loro soccorso?

No, non l’avrebbe mai fatto. Lui non si sarebbe mai sbagliato. Ma il tempo passava inesorabile. Aveva lasciato da poco la sua vecchia protetta. Quest’ultima non era stata molto dura. L’aveva lasciata nel letto d’una casa di campagna. Sorridente, la vecchina era spirata volando via tra le foglie degli ulivi tutt’attorno. Tuttavia gli scambi erano rapidi, rapidissimi! Doveva ritrovare la sua nuova compagna il prima possibile! Restava lei, troppo esposta al pericolo, in massima balia del fato avverso.

Porta-étrange-cité

L’angelo si decise a scrutare più dappresso quell’universo racchiuso in una bolla di vetro sostenuta da verdi ramificazioni. Una città stramba parve avvicinarsi. Immense mura di marmo bianco s’ergevano maestose. – Chissà quali anime nascondono – si chieste quel custode celeste. Poi arrestò il suo volo estasiato: un’arcata altissima sembrava volesse sfidare il Grande creatore cercando di raggiungerlo svettando verso l’alto. Passando sotto l’arco, l’angelo si rigirò su stesso vorticando lentamente nell’aria per ammirare l’interno delle pareti arcate. Frasi di benvenuto coprivano ogni spazio con caratteri sinuosi e precisi. Sospinto dalle nuove scoperte e risvegliandosi improvvisamente da quel torpore, il custode alato, riprese la sua ricerca.

Superata l’arcata, le mura proseguivano in un dedalo tortuosissimo di vicoli. Ogni svolta celava nuovi misteri. Egli comprese che ad ogni giravolta di quelle maestose mura, grandi agglomerati di costruzioni umane s’addossavano nel loro apparentemente inspiegabile motivo d’essere.

La prima costruzione che colpì la sua attenzione, fu una struttura che emergeva profonda dal suolo. Un bianco cilindro spuntava dal terreno. Verso il cielo si volgeva, inclinato di 45 gradi. Cosa puntava? A chi era volto? Diametralmente, in direzione opposta rispetto a questo grande cannocchiale, una coda oblunga s’estendeva a forma di mezzaluna. Volteggiando invisibile ai più, l’angelo s’apprestò ad una targa che recitava: “Laboratorio di comunicazione con la Noosfera”. La bocca rimase aperta ed immobile. Che grande civiltà aveva trovato? Davvero costoro erano riusciti a trovare un mezzo di comunicazione con l’Iperuranio? Doveva assolutamente continuare l’esplorazione.

Centro-di-energia-cosmica

Determinato, avanzò ulteriormente. L’ennesima meraviglia emerse all’interno di un’immensa cavità sotterranea. Otto colli altissimi svettavano possenti. Sulla loro sommità uomini e donne s’affaccendavano in strani calcoli ed elucubrazioni volgendo lo sguardo alla sommità dell’immane caverna. Dal soffitto cadevano diametralmente verso il basso altre otto montagne in corrispondenza dei colli sottostanti. Il nostro custode si ritrovò tra questi due mondi speculari abitati da un’umanità auto-riflessiva che passava le giornate a chiedersi come fosse il suo simile di lassù che a sua volta si chiedeva come fosse il suo simile di quaggiù. La moltitudine di quelle riflessioni così distratte dalla loro stessa essenza ed indifferenti alla ricerca d’un senso altro della vita, invase ossessivamente i suoi pensieri. L’intensità di quelli riflessione bloccò le sue reazioni. Sfortunatamente chiuse, a protezione del suo essere, le ali attorno al corpo. La caduta ebbe inizio mentre giù più profonda attendeva la sua fine.

come-incontrare-un-angelo
D’un tratto, tra il vento che fischiava, giunsero alle sue orecchie parole d’invocazione. Si destò da quel suo stupido stato catatonico. Qualcuno lo chiamava, forse era la sua nuova anima? Vide una bambina come sospesa nel vuoto. Aguzzò la vista: le braccine s’agitavano nella sua direzione chiamando a gran voce. Ella si reggeva leggiadra sulla sommità di un’impalcatura altissima. Cos’era mai quell’ammasso di legno? Poi s’accorse che pioli ed aste erano messi assieme per formare una scala altissima che sfidava la gravità per comunicare col cielo.

La voce della bimba si disperdeva nell’aria. Gli parlava, lo chiamava, lo vedeva! Aveva infine trovato la sua anima da custodire. L’accolse tra le braccia sorridendo colmo di luce. Poi s’arrestò pensando. Non era stato lui a trovarla, ma lei a trovare lui. Si guardò attorno ed una nuova targa affissa su quella strana struttura svelò l’ultimo mistero: “Scala per incontrare gli angeli”.

 

 

 

Monumenta 2014, L’étrange cité – Ilya e Emilia Kabakov
Grand Palais, Paris

Davide